Kamasutra, spunti filosofici



“La donna è il fuoco, il suo grembo esca, l’invito dell’uomo fumo. La soglia è la fiamma, l’entrata la brace, il piacere la scintilla”.
(Chāndogya upanishad 800-600 a.C.)


“Il desiderio ne fu lo sviluppo originario 

Desiderio che è stato il seme primo della coscienza”

(Veda, Inno alla Creazione)


Il Kamasutra è un testo composito che rientra nel filone della letteratura Smrti della cultura indiana, complesso di testi di carattere morale, da sistemi filosofici e da poemi epici come la Bhagavadgītā (Canto del Divino). La struttura del Kamasutra è essenziale e concisa per permetterne sia la memorizzazione che la diffusione senza l’impiego della scrittura, in un’epoca in cui leggere e scrivere era privilegio per pochi; è perciò composto da aforismi (sūtra) incentrati sul tema del piacere ed è attribuito a Vatsyayana Mallanaga, anche se è probabile che gli autori del testo, così come ci è pervenuto, siano più di uno e che Vatsyayana sia stato un copista e un tardo sistematore. Il Kamasutra fu portato in Occidente circa due secoli fa da sir Richard Burton, indianista inglese, che lo collocò storicamente fra il Iº e il VI° sec. d.C. 


L’opera ha carattere “scientifico”, in quanto la conoscenza racchiusa è insegnabile e trasmissibile e ha come intento l’identificazione della sessualità con la sacralità, concezione, questa, lontana anni luce dall’attuale realtà in cui è calata la società occidentale. Una conoscenza tuttavia alla quale si può pervenire, non attraverso il sentiero cognitivo ma tramite la contemplazione. Al nagarika, l’equivalente in sanscrito del cittadino colto e virtuoso, vengono rivelati i precetti sapienziali che si fondano sulla Sacra Scrittura, per praticare in armonioso accordo Dharma (virtù, rinuncia al piacere mondano), Artha (ricchezza) e Kama (piacere) in differenti tempi della vita. Egli è il personaggio principale insieme alla cortigiana (ganika) del Kamasutra, che è un trattato pratico sul kama, traducibile come desiderio e piacere su due piani di manifestazione: “uno, che definirei più generico, è l’aspetto sensoriale, o sensuale dell’esistenza, quella bellezza-piacere che si può cogliere, e perseguire, in quasi ogni ambito della vita (nel cibo, nell’abbigliamento, nella scelta dei propri interessi, nelle relazioni sociali, nelle proprie abitudini, ecc...). L’altro è l’ambito che chiamerei specifico del kama, quello legato al piacere derivante dall’eros e in particolare dai rapporti sessuali” (I. Sibaldi, autore, saggista e drammaturgo).


Ma qual è la relazione che intercorre tra il piacere e il sacro?

Scrive F. Saba Sardi (traduttore, viaggiatore e intellettuale): “Sacralità è l’avvertita presenza del sacrum, dell’aldilà tenebroso, rovinoso, malefico: regno della morte e delle ombre, dal quale tuttavia si origina la vita; regno della carne, la quale mai si rivela ma alla cui rivelazione in ogni istante si aspira... Erotismo come speranza di formare una carne sola... apparizione... meraviglia. E nulla può togliere alla sessualità quel carattere di meraviglia, di rivelazione... della carne, che è il godimento”. 


L’atto sessuale, inteso come unione, diventa simbolo di fusione con il Tutto; inteso come rivelazione, diventa invece epifania, apparizione della divinità. Tale simbolo di un’unione fra il singolo (fallo, Shiva) e l’universo (vulva, Shakti), fra lo ying e lo yang, aspira a scavalcare la duplicità maschile-femminile per raggiungere e recuperare l’ermafrodito originario o Ardhanarishvara, forma androgina di Shiva e Parvati. L’aspetto della fusione come nostalgico desiderio di ritorno all’Uno è narrato anche da Platone nel Simposio dove, nel mito, l’Androgino viene impietosamente smembrato da Zeus, invidioso di tanta potente perfezione.

Scrive ancora Saba Sardi: “... sesso e morte sono contigui... l’erotismo è fratello della morte... è perdita dell’Io, è oblio, equivale ad abbracciare il Sé”. 

In lingua francese, non è forse chiamato l’orgasmo, “piccola morte”?


Il Kamasutra si presta, infine, a fungere da modello letterario a quello delle arti figurative, ispirando la rappresentazione di scene amatorie dal chiaro limite illustrativo e descrittivo, in questo caso, perché l’unione profonda è devozione di difficile rappresentazione, è sfiorare il legame invisibile tra l’essere e il non-essere.


[Immagine: web]

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