Lo Spirito della Bilancia



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Con la Bilancia inizia la stagione autunnale: la luce dorata di settembre cede il posto alle piogge, il rosso melograno matura e la natura si sveste piano piano, sbiadendo e sbadigliando, pur tuttavia la vegetazione, copiosa e variegata, continua a donare i frutti della terra. È proprio la natura, impareggiabile maestra, che mostra il ripiegarsi graduale, dopo il tripudio estivo, delle forze che sostengono la vita e i suoi cicli eterni. Piano, rientrano e si ritirano. La Bilancia rappresenta proprio l’inizio di questa fase, il richiamo al proprio interno, la discesa agli inferi e l’apparente involuzione, che altro non è che la conservazione della forza raccolta. È l’inizio di un processo, quello equinoziale, il cui passaggio risulta estremamente delicato: vi è un momento perfetto in cui le forze, così come il buio e la luce, sono perfettamente bilanciate e in equilibrio.


I segni zodiacali possono essere considerati impronte energetiche, istanze psichiche, “modelli” originari e infine, secondo la mia personale visione, spiriti.

Lo spirito della Bilancia è mosso da una forte spinta a cercare sé stesso nella relazione con “l’altro da sé”, quasi come se tutto ciò che ruota attorno alla concezione di “io” e le voci dell’individualità e dell’identità, fossero riconducibili a primarie pulsioni egoistiche. In questo caso l’lo si compie non tanto in funzione dell’Altro, ma grazie alla sua presenza.

L’uno si scompone nella coppia, per poi ritornare all’unità che si realizza attraverso la sintesi dei due elementi che si accorpano e non importa in che ambito: madre/figlio, uomo/donna, amico/amica e così via, in pressoché infinite e possibili combinazioni… Perché quando io mi unisco a te, muoio in me (Sole “in caduta”) per rinascere integrando te. È un tipo di morte, questo, deputato a preservare l’aggregazione intesa come base per ogni forma di socialità che, traslata, diventa conservazione della specie.


L’equilibrio nella Bilancia è tuttavia costantemente minato, infiorato di dubbi e indecisioni, eppure… non è forse l’oscillazione perpetua fra polarità opposte che permette di mantenere un centro o una centratura? Non è forse la granitica certezza, la prima a sgretolarsi? Non è forse l’armonia, il risultato di un’unisona concertazione di elementi dissonanti?

Venere, “in domicilio diurno” nel segno, acquisisce le sfumature dell’elemento aria: la benevolenza verso i propri simili che diviene espressione di un equilibrio universale, il senso estetico, l’inclinazione artistica, intellettuale e culturale, il fascino garbato.

Il glifo della Bilancia rappresenta, nella sua linea inferiore, il contatto con la materia e in quella superiore, l’elevazione dello spirito. Misura e giustizia (Saturno “in esaltazione”) sono indicate dai due piatti, strumento divino che, nelle mani di Zeus, soppesa, stima e infine valuta il destino dei Troiani e degli Achei, nemici nella guerra di Troia.

In questo caso la Bilancia simboleggia il fato, al quale non si sfugge ed il cui potere è superiore persino a quello del padre degli dei.


Il bambino e la bambina Bilancia possiedono una dolcezza di fondo, una sorta di innata amabilità che può sfociare in arrendevolezza o accondiscendenza; a volte mettono a tacere personali guizzi caratteriali a favore, ad esempio, di un ingresso in una situazione di gruppo che appagherebbe il loro spiccato desiderio di appartenenza. Sono bambini/e che vanno incoraggiati ad esprimersi, a dire la loro, a prendere una decisione o una posizione, esercitando un minimo di volontà propria. Sono da nutrire, non tanto in senso letterale, quanto in termini di fantasia, di sogni, di incentivazione all’immaginazione, che deve poter spaziare e abbracciare il lontano, il diverso e il disuguale. Sono bambini/e che hanno bisogno di sperimentare una diversa varietà di legami, per acquisire elasticità e tolleranza di pensiero o di sviluppo di ideali; affinché non cadano, da adulti, in una cieca adesione a sistemi sociali, politici e religiosi preconfezionati e intimamente poco sentiti. Necessitano, più di altri, di ricevere ascolto, non tanto perché gridano, ma al contrario perché la loro voce è poco più di un sussurro.


 


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