Sciamanesimo e ciclo mestruale
Secondo una concezione sviluppatasi nella più recente “letteratura sciamanica”, le pratiche che la compongono avrebbero come scopo il raggiungimento del “potere personale” (individuale) e sarebbero maggiormente consone ad una natura maschile oppure legate alla figura di un guerriero o guerriera spirituali.
Eppure lo sciamano o la sciamana, a seconda del luogo o del lignaggio di appartenenza, in prima istanza sono guaritori e artisti in contatto con la propria parte intuitiva e creativa: l’arte e la guarigione o meglio ancora l’arte della guarigione, sono aspetti profondamente trasformativi che vanno a beneficio di un’intera comunità, non solo di colui/lei che li pratica.
Inoltre, immancabilmente, durante un rituale di guarigione è la figura della dea che viene invocata: è il divino femminino ad essere dotato di un magico potere guaritore. Anticamente tali riti venivano eseguiti in gruppo dalle donne e il potere veniva tratto dal ciclo mensile, perché è nel mestruo che biologicamente il potere affonda le radici. Le levatrici erano sciamane e avevano il compito di accompagnare le anime in una nuova venuta al mondo e di guidarle nella discesa nel corpo fisico.
Innumerevoli sono le testimonianze e le fonti rinvenute che attestano l’importanza del sangue mestruale e del suo utilizzo: dalle cerimonie sacre all’uso in ambito agricolo: si riteneva, infatti, che questo particolare sangue avrebbe creato delle condizioni vibratorie “magiche” (concezione peraltro ripresa dall’agricoltura biodinamica di ispirazione steineriana) e avrebbe donato un etico tributo alla terra, non richiedendo il sacrificio di nessun essere vivente.
Ad un certo punto, però, c’è stata una “spaccatura” storica, religiosa e comportamentale: con l’avvento della tradizione ebraico-cristiana, le mestruazioni da “sangue di vita” ed espressione di movimenti macro-cosmici, diventano “sangue di morte”; Lilith, inizialmente dea del sangue e della saliva, viene letteralmente “rimossa” dall’avvento del patriarcato: la componente psichica del femminile consapevole, in un processo di svalutazione viene svilita come demone mangia-bambini (letterale) e mangia-uomini (metaforico).
Le mestruazioni diventano da quel momento in poi un tabù sociale, vivissimo ancora oggi e del quale è (quasi) vietato parlarne, tanto non hanno un nome ma perlopiù generici appellativi in sostituzione: da “ho le mie cose”, oppure, “ho la luna/la regola”, a “sono in quei giorni”, “mi sono venute” e “sono imbarazzata/indisposta” ecc…
Nella pubblicità il ciclo è rappresentato spesso con l’immagine di un flusso di colore blu (?!), che sottolinea la presunta mancanza di purezza del sangue e che carica la mestruazione di ulteriore vergogna, come se fosse un qualcosa di sporco, da tenere segreto e non il fulcro del sapere e del potere femminile. Purtroppo tale visione è talmente radicata, e in qualche modo ereditata, tanto da aver creato un intimo conflitto tra la donna e la sua stessa ciclicità. Ciononostante pare sia in atto un’inversione di tendenza e canali come l’arte moderna, i manga giapponesi e soprattutto quelli che veicolano un’informazione e un approccio nuovi, rispetto all’essere oggi una donna, si impegnano da qualche anno a diffondere un messaggio maggiormente positivo in tal senso e promuovono una riappropriazione della naturalità del corpo femminile e dei suoi cicli.
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