Sciamanesimo e ciclo mestruale


Lo sciamanesimo femminile nasce sulla cognizione del sangue mestruale (e/o di quello del parto) e si fonda sulla sua manifestazione a cadenza ciclica, la quale, a sua volta, ha determinato la prima periodizzazione del tempo terrestre che venne così inizialmente scandito in mesi di 28 giorni circa, ossia la durata del mese lunare.
Secondo una concezione sviluppatasi nella più recente “letteratura sciamanica”, le pratiche che la compongono avrebbero come scopo il raggiungimento del “potere personale” (individuale) e sarebbero maggiormente consone ad una natura maschile oppure legate alla figura di un guerriero o guerriera spirituali.
Eppure lo sciamano o la sciamana, a seconda del luogo o del lignaggio di appartenenza, in prima istanza sono guaritori e artisti in contatto con la propria parte intuitiva e creativa: l’arte e la guarigione o meglio ancora l’arte della guarigione, sono aspetti profondamente trasformativi che vanno a beneficio di un’intera comunità, non solo di colui/lei che li pratica.
Inoltre, immancabilmente, durante un rituale di guarigione è la figura della dea che viene invocata: è il divino femminino ad essere dotato di un magico potere guaritore. Anticamente tali riti venivano eseguiti in gruppo dalle donne e il potere veniva tratto dal ciclo mensile, perché è nel mestruo che biologicamente il potere affonda le radici. Le levatrici erano sciamane e avevano il compito di accompagnare le anime in una nuova venuta al mondo e di guidarle nella discesa nel corpo fisico.
Innumerevoli sono le testimonianze e le fonti rinvenute che attestano l’importanza del sangue mestruale e del suo utilizzo: dalle cerimonie sacre all’uso in ambito agricolo: si riteneva, infatti, che questo particolare sangue avrebbe creato delle condizioni vibratorie “magiche” (concezione peraltro ripresa dall’agricoltura biodinamica di ispirazione steineriana) e avrebbe donato un etico tributo alla terra, non richiedendo il sacrificio di nessun essere vivente.
Ad un certo punto, però, c’è stata una “spaccatura” storica, religiosa e comportamentale: con l’avvento della tradizione ebraico-cristiana, le mestruazioni da “sangue di vita” ed espressione di movimenti macro-cosmici, diventano “sangue di morte”; Lilith, inizialmente dea del sangue e della saliva, viene letteralmente “rimossa” dall’avvento del patriarcato: la componente psichica del femminile consapevole, in un processo di svalutazione viene svilita come demone mangia-bambini (letterale) e mangia-uomini (metaforico).
Le mestruazioni diventano da quel momento in poi un tabù sociale, vivissimo ancora oggi e del quale è (quasi) vietato parlarne, tanto non hanno un nome ma perlopiù generici appellativi in sostituzione: da “ho le mie cose”, oppure, “ho la luna/la regola”, a “sono in quei giorni”, “mi sono venute” e “sono imbarazzata/indisposta” ecc…
Nella pubblicità il ciclo è rappresentato spesso con l’immagine di un flusso di colore blu (?!), che sottolinea la presunta mancanza di purezza del sangue e che carica la mestruazione di ulteriore vergogna, come se fosse un qualcosa di sporco, da tenere segreto e non il fulcro del sapere e del potere femminile. Purtroppo tale visione è talmente radicata, e in qualche modo ereditata, tanto da aver creato un intimo conflitto tra la donna e la sua stessa ciclicità. Ciononostante pare sia in atto un’inversione di tendenza e canali come l’arte moderna, i manga giapponesi e soprattutto quelli che veicolano un’informazione e un approccio nuovi, rispetto all’essere oggi una donna, si impegnano da qualche anno a diffondere un messaggio maggiormente positivo in tal senso e promuovono una riappropriazione della naturalità del corpo femminile e dei suoi cicli.




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