Arjuna






[Immagine: Arjuna and the River Nymph, 1913]

“Non per Veda, per i sacrifici e gli studi, non per le elemosine, non per i riti, non per le dure penitenze, posso io esser visto in tale forma qui nel mondo degli uomini (...) ma per la devozione diretta a me solo, o Arjuna: per essa io posso essere così conosciuto, veduto secondo realtà e penetrato, o Arjuna. Colui le cui azioni sono fatte per me, il cui supremo bene son io, colui che è a me devoto, privo di attaccamento, privo di odio verso i vari esseri, costui entra in me, Arjuna”.

(Bhagavadgītā XI)

La Bhagavadgītā (canto del beato) è il testo indiano più diffuso e può essere considerato il Vangelo dell’India per una sorta di parallelismo esistente. Tutta la Bhagavadgītā è incastonata dentro un poema epico, il Mahābhārata, composto da diciotto libri, un’opera corposa che si annovera fra i più grandi poemi dell’umanità. Nel libro avviene il dialogo fra Arjuna, guerriero, e il dio Krishna suo compagno e alleato; nel discorso vengono individuati tre punti detti Yoga:
1- Jnana Yoga o Conoscenza
2- Karma Yoga o Azione
3- Bhakti Yoga o Devozione
La Devozione è l’essenza più intima della disciplina yogica, è la resa a Dio.

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